lunedì 1 giugno 2015

Perché i contenuti gratuiti su internet sono impossibili senza sfruttamento?

La maggior parte dei contenuti e dei servizi su internet sono disponibili a ciascun utente a titolo gratuito: posta elettronica, social network, siti di notizie…
Vi siete mai chiesti il perché? Forse, per i contenuti gratuiti, pagate molto più di quanto possiate immaginare.



L’illusione che sia gratis

Facebook, Google, notizie on line. Si potrebbe riassumere così il percorso compiuto ogni giorno dalla maggior parte degli utenti internet. L’itinerario è gratuito e, a quanto sembrerebbe, assolutamente sicuro. Il passaggio da un sito all’altro avviene quasi automaticamente. Ma cosa fareste se un giorno il vostro portale d’informazioni preferito vi negasse l’accesso ai contenuti del sito e vi chiedesse, cortesemente, di procedere al pagamento di un abbonamento per continuare la visualizzazione?



Il vostro solito, spensierato giretto on line sarebbe rovinato. Iniziereste a chiedervi il perché dobbiate pagare per dei contenuti che potete tranquillamente trovare gratuitamente su altri siti. Non starete mica pensando che da qualche parte lavorino dei volontari pieni di abnegazione che quotidianamente si sacrificano in nome di un “internet gratuito per l’utente”? Non è tutto così semplice: Nel 2014 il fatturato di Facebook è stato pari a oltre 12 miliardi di dollari, quello di Google pari a 66 miliardi di dollari. Dopo aver visto queste cifre, davvero credete ancora nello slogan “internet gratuito per l’utente”?

È ovvio che non tutti i portali possono vantare un tale successo. Appare piuttosto chiaro che gli utenti non si rendono conto di essere coinvolti in questo processo di produzione di capitale, nel quale giocano un ruolo davvero poco invidiabile. Del resto, internet non è uno spazio in cui tutti sono uguali. La sua struttura, in effetti, è simile a una piramide rigida, che viene controllata dall’alto. 

La piramide-internet

Google e Facebook (ma in realtà molti di più) sono solo due esempi di coloro i quali stanno al vertice della piramide. Sono proprio loro a creare l’illusione che i contenuti siano gratis. Di primo acchito, sembra non ci sia niente di male in tutto questo. Paradossalmente, la radice del problema sta proprio nel fatto che (in un primo momento) tutto sembra gratis.
Per dimostrare che i contenuti gratuiti non sono altro che un’illusione è sufficiente porsi una semplice domanda: Come fanno questi siti ad avere questi introiti? Se non siete voi a pagare, allora è chiaro che a farlo è qualcun’altro. E questo qualcuno non è un benefattore pronto a sborsare fino all’ultimo centesimo affinché possiate scorrere la vostra bacheca su Facebook o cercare su Google un locale dove passare la serata. Questo qualcuno è la pubblicità.



Avrete certamente notato che, dopo aver effettuato l’ennesima ricerca su Google, la vostra bacheca si è riempita proprio delle informazioni che avete cercato, dei posti in cui avete cenato, degli oggetti che avete acquistato. E questa non è una coincidenza. È la prima trappola dell’illusione che tutto sia gratis. Le vostre azioni su internet sono monitorate, analizzate e quindi utilizzate senza il vostro consenso.

La seconda trappola è ancora più pericolosa. State diventando, senza neppure accorgervene, materiale per il guadagno di quei siti che stanno in cima alla piramide. In maniera completamente gratuita. I vostri dati vengono usati per poi rubare la vostra attenzione con l’aiuto della pubblicità. Essa è dappertutto: sulla vostra pagina personale, tra le notizie, nei motori di ricerca e perfino nella posta elettronica. Nessuno vi ha mai avvertito né vi ha mai chiesto se desiderate vederla o se volete che le vostre informazioni personali vengano utilizzate a tali scopi. Google e Facebook hanno deciso al posto vostro e di milioni di altri utenti: Noi vi proponiamo i nostri servizi gratuitamente, sviliamo la vostra attenzione e, a vostre spese, guadagniamo miliardi.

Come gli utenti si trasformano in flusso di traffico

Il meccanismo di sfruttamento sui siti di informazione agisce in modo ancora più raffinato. Se all’inizio internet veniva sbandierato come uno spazio in cui tutti sono uguali, dove ognuno può esprimere la propria opinione e trovare degli interlocutori, dove i problemi, locali o globali che siano, vengono risolti dall’intera comunità ora, ormai dieci anni più tardi, a queste aspirazioni non si può che rivolgere un amaro sorriso. Tutti i valori sopracitati necessitano di una condizione per essere effettivamente esercitati, ovvero il rispetto per l’individuo. Nel momento in cui accedete a un qualsiasi portale informativo, smettete di essere individui e vi trasformate in semplice flusso di traffico.



Lasciando commenti sui siti o innescando polemiche con altri utenti, potreste avere l’impressione di essere coinvolti nella rete mondiale, dove potete decidere cosa e quando vedere. In fin dei conti, potete anche smettere di visitare un sito che non vi aggrada. In realtà, per il sistema, siete soltanto un numero, un indicatore di traffico. E ciò non è altro che un’ulteriore illusione, l’illusione della partecipazione. Dopotutto, il vostro portale preferito vende le vostre informazioni agli inserzionisti i quali, a loro volta, rubano la vostra attenzione.

Si può in tutto questo dare la colpa ai proprietari del portale? No. In un sistema del genere, non hanno davvero altra scelta. Possiamo incolpare i giornalisti che spesso ci propongono notizie di scarsa qualità, elaborate male o addirittura stupide? No. Fanno semplicemente il loro lavoro, che conviene al loro reale datore di lavoro, la pubblicità. Quando visitate un sito siete solo un numero, ne leggete il contenuto, decidete di dare un vostro parere, siete sempre e solo un numero. La qualità, in qualunque fascia della struttura piramidale, perde il suo significato. La cosa che conta davvero è la quantità, la vostra attenzione e voi, come numero facilmente trasformabile in unità convenzionale.

Perciò il giornalismo, famoso per essere il cosiddetto quarto potere, perde la sua principale funzione, ovvero informare la società e formare la coscienza civica, proponendo invece l’illusione della partecipazione che, di fatto, non è che un meccanismo atto a generare traffico a vantaggio della pubblicità. Siete d’accordo nel concedere tale potere ad una pubblicità fuorviante?

Cambiare il sistema

Un innocuo giretto on line nasconde in realtà molte insidie, sia personali che globali: La pubblicità ruba i vostri dati e la vostra attenzione, distrugge il giornalismo di qualità, trasformandolo in uno strumento di manipolazione. Ma possiamo cambiare tutto questo e, per fare ciò, bisogna scrollarsi di dosso l’illusione che tutto sia gratis.

Innanzitutto è necessario reintrodurre il pagamento di un abbonamento (come avveniva per i quotidiani). Bisogna rendersi conto che, fino a quando qualcuno pagherà per voi, questo qualcuno deciderà anche chi siete e cosa dovete leggere. Il ritorno dell’informazione a pagamento significa la riabilitazione dell’informazione di qualità e del giornalismo analitico, la restituzione ad esso del proprio potere. Pagando per i contenuti diventerete protagonista a pieno titolo di ciò che accade sul portale di informazioni. I giornalisti saranno motivati, avvertiranno un senso di responsabilità nell’esercitare la loro professione e voi leggerete materiale di qualità.

In secondo luogo, bisogna cambiare il nostro atteggiamento nei confronti della pubblicità, creando per essa un canale libero e preferenziale. A questo ci pensa APM Agentuur (www.adpays.me), un’azienda che offre una nuova prospettiva della pubblicità e di internet in generale. 



Vi forniamo una bacheca pubblicitaria personale, sulla quale visualizzerete solo quegli annunci pubblicitari che vi interessano e solo quando lo vorrete. La cosa più importante è che crediamo si possa ripristinare il rispetto per la persona su internet. Per questo gli inserzionisti che sceglieranno il nostro sito vi pagheranno il 90% del costo dell’annuncio pubblicitario che visualizzerete.

Noi siamo contro la piramide e contro i cliché di coloro che ne sono ai vertici. La pubblicità non è il male, anzi, essa ci aiuta a trovare ciò che ci interessa. Il giornalismo non deve essere un generatore di traffico ma un istituto di vitale importanza per la società, che deve essere pagato da chi ne usufruisce. Crediamo che creare un internet a misura dell’utente, dove il rispetto è reciproco, non sia troppo tardi.

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